L’evitamento definisce un tipo di comportamento usato per adattarsi o per sfuggire a situazioni pericolose. Talvolta, diventa a tutti gli effetti una strategia di difesa per mettersi al riparo da esperienze dolorose e insostenibili.
Il dolore cronico è una di queste situazioni ed è caratterizzata da un’aumentata sensibilità, paura di muoversi e di frequente un atteggiamento catastrofista.
In questo articolo imparerai cosa comporta l’evitamento, come riconoscerlo e come curarlo per migliorare la tua qualità della vita, quella dei tuoi cari o dei tuoi pazienti.
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Cos’è l’evitamento?
L’evitamento è un comportamento che aiuta a gestire le proprie emozioni: riduce la possibilità di incappare in situazioni stressanti o potenzialmente negative (fisiche, emotive e mentali).
È la modalità di difesa tipica di chi soffre di disturbi d’ansia o di fobie.
L’ansioso evita quanto possibile situazioni ogni minima occasione che lo fa preoccupare e in alcuni casi questo iper-controllo sfocia in attacchi di panico.
La fobia è invece una paura più strutturata. Ad esempio, le persone che hanno paura dei ragni (aracnofobia) evitano ogni ambiente dove potrebbero essercene. Talvolta, solo vedendo la loro immagine su un libro aumenta la sudorazione o provoca la tachicardia. ?
Evitare porta un sollievo temporaneo. Ogni volta che accade ci si convince dell’utilità di averlo fatto e dell’impossibilità di rinunciarvi: si entra così in un circolo vizioso.
Funzione: normalità e patologia
L’evitamento è un comportamento spontaneo di adattamento che tutti sperimentiamo nella vita.
Accade, però che si trasformi in un modo per fuggire sistematicamente da situazioni stressanti.
Le strategie di evitamento in questo caso diventano patologiche. Si parla di disturbi evitanti di personalità o dei disturbi d’ansia e fobie di cui ti ho parlato poco fa.
Chi ha dolori fisici persistenti o limitazioni dell’autonomia è spesso più sensibile e instabile dal punto di vista fisico e psicologico. In questa condizione si riconoscono più facilmente specifici tratti di personalità e reazioni di adattamento poco orientate alla guarigione (maladattive).
La paura delle conseguenze e la sensazione di non avere il controllo portano alcune persone a pernsare che la miglior soluzione sia non fare scelte o addirittura non vedere alcuna soluzione.
La visione pessimistica non fa altro che peggiorare i sintomi, rallentare la guarigione, privare lentamente una persona della propria autonomia allontanandolo dai propri interessi e dalle relazioni sociali e lavorative.
La paura di eseguire movimenti sbagliati o la convinzione di posture scorrette rispecchiano il medesimo catteggiamento. Si parla di nei casi più significativi di kinesiofobia (fobia del movimento).
Purtroppo accade che siano gli stessi terapisti a supportare la convinzione che un dolore sia causato da una postura sbagliata o un movimento eseguito scorrettamente: è qui che si insinua l’idea di aver bisogno di un terapista per stare bene…ed essere raddrizzato.
Questo articolo nasce proprio con l’intento di aiutare chiunque viva questa situazione e prendere le distanze da falsi miti come quelli della postura corretta.
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Sintomi e come riconoscerlo
La strategia di evitamento servea a reagire a situazioni spiacevoli oppure a prevenirle.
In psicologia si parla di evitamento esperienziale: la tendenza a controllare il pensiero, le emozioni, le sensazioni o i ricordi.
Hai presente chi rimugina? Chi continua a pensare o ragionare su ogni minimo sintomo o al contrario chi evita di pensarci o ricordare un dolore (negazione).
Nella prima visita amo ascoltare i racconti dei miei pazienti per capire come vivano il proprio dolore e le proprie paure condizionando ogni singola scelta in modo più o meno consapevole.
Professionalmente ci sono alcune situazioni che mi fanno sospettare la presenza di un comportamento evitante:
- ripetuti ritardi;
- eccessivo sarcasmo o risatine nel raccontare la propria condizione;
- nervosismo o irritabilità nel rispondere a mie domande scomode tipo:
“Come mai è in malattia da sei mesi per il mal di schiena?”
- chiamate urgenti per un improvviso aggravamento dei sintomi;
- racconti che sorvolano gli aspetti negativi;
- cambi repentini di argomento mentre si discute di argomenti importanti per la guarigione.
Non voglio semplificare, ma accade di frequente che una persona si presenti nel mio studio di fisioterapia convinta della natura esclusivamente muscolare del proprio dolore e poi la sua ipotesi non sia confermata.
Ciò non significa necessariamente che sia un problema di testa e che non sia comunque in grado di aiutarla come fisioterapista nonostante non sia uno psicologo.
Può esserti utile conoscere il mio parere o avere la mia supervisione?
Patologie e cura
ACT – Acceptance Commitment Therapy ed evitamento delle esperienze
Come alternativa alla strategia di evitamento esperienziale l’ACT lascia lo spazio o l’apertura ad un’alternativa: l’accettazione e l’impegno concreto nel superare le difficoltà.
PRO:
- Si impara a non giudicare errori ed esperienze come negative o positive in senso assoluto;
- si imparare ad accogliere le proprie emozioni e assegnando l’importanza dovuta;
- toglie il potere alla rimuginazione sul comportamento nella quotidianità.
CONTRO:
- Per iniziare è necessario essere aperti al cambiamento;
- richiede impegno e costanza;
- prevede un periodo iniziale di sofferenza per elaborare le proprie difficoltà.
Depressione, evitamento e psicoterapia
Come si può facilmente immaginare l’evitamento nella depressione provoca un rapido calo della partecipazione lavorativa (assenza dal lavoro) e delle relazioni sociali.
Le persone depresse faticano a comprendere lo stretto legame tra la loro difficoltà a svolgere delle attività e il loro evitamento. Questo aggrava la visione negativa, la sfiducia in sé stessi, la tristezza e l’angoscia.
In venti anni di professione ho trattato molte persone anziane o malate al domicilio, in clinica o in studio: molte vivevano in questa situazione di solitudine, lontane da parenti.
Più volte mi sono trovato invischiato nei loro tentativi di delegarmi attività che sarebbero state in grado di svolgere perfettamente in autonomia o con minima supervisione (accompagnati).
Avevano sufficiente equilibrio, forza ed energie, ma accampavano giustificazioni molto raffinate e difficili da riconoscere per nascondere la scarsa autostima e il senso di inadeguatezza.
Ricordo con affetto Alberto: un accanito fumatore di sigari toscani ex insegnante di liceo. Da anni andava allo stesso orario a prendere il giornale e gli amati sigari in tabaccheria, ma ad un certo punto iniziò a rifiutarsi.
Volli dimostrargli che poteva ancora farcela: inziò a dirmi che era troppo lontana. Lo accompagnai. La volta dopo mi disse che ci impiegavamo troppo tempo e sarebbe arrivato tardi a tavola innervosendo la badante. Allora anticipai la seduta: da allora convinse la badante a prendere sigari e giornale prima del mio arrivo. ?
Allo stesso modo vergogna, senso di colpa nel disturbare o i sensi di inferiorità alimentano una condizione di disinteresse e apatia generale, comune a qualsiasi dolore o disabilità.
In psicoterapia e riabilitazione il terapista aiuta pazienti e famigliari a non sostenere questo atteggiamento spiegando come sia causa di una temporanea riduzione a discapito di un progressivo peggioramento sul lungo termine.
La cura del Disturbo Depressivo Maggiore è il classico esempio in cui una patologia psicologica è curata grazie alla coordinazione degli interventi terapeutici di fisioterapista e psicologo con i medesimi obiettivi.
Da un lato lo psicologo si occuperà di modificare la rielaborazione della realtà dall’altro il fisioterapista sosterrà con l’aiuto di amici e famigliari l’inversione della strategia di evitamento attraverso la riattivazione e la progressiva esposizione a distrazioni ed esperienze stressanti nel tentativo di farle entrare in un nuovo stato di normalità.
Ansia ed evitamento
Disturbi d’ansia e fobie sono il classico esempio di comportamento evitante.
L’ansioso evita sempre più esperienze riducendo attività e interessi.
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La cura è la graduale esposizione a situazioni stressanti per interrompere il circolo vizioso di cui ti ho parlato e per tornare a considerare normali situazioni prima percepite come fonte di ansia.
Fobie sociale ed evitamento
Caratterizzata da un’aumentata percezione e paura del giudizio altrui e dal sentirsi inferiori o inadeguati.
Chiunque abbia avuto direttamente o indirettamente a che fare con la disabilità (o come si diceva un tempo “handicap”) ha conosciuto questa dimensione di invalidità.
Mi è capitato frequentemente di riconoscere questa fobia in persone anziane o dopo esiti di ictus, infarto, paraparesi. Molti di loro si chiudono in un vero e proprio ritiro sociale e non fanno altro che pensare cosa potrebbero dire gli “altri” vedendoli “in quella condizione”.
La cura più efficace è quella cognitivo-comportamentale (CBT) che riduce il timore nei confronti del giudizio, il rimuginio, i meccanismi di controllo dell’ansia e il bisogno di sentirsi presi in considerazione.
Disturbo evitante di personalità
Nei disturbi di personalità (DEP) si manifesta il timore della critica, di essere disapprovati o esclusi, ma è la forte sensazione di inadeguatezza che provoca l’isolamento.
Le persone che soffrono di questo disturbo sono convinte di non essere più attraenti e non avere argomenti interessanti sui quali confrontarsi. Per questo rinunciano ad avere relazioni sociali e il lavoro. Spesso sono persone sole e con difficoltà cambiano idea per paura del giudizio o del rifiuto.
Il disturbo evitante di personalità è più diffuso di quello che si possa pensare e non per questo meno grave ed è associato ad altri disturbi come l’ansia, disordini alimentari, abuso di sostanze e alcool.
Le persone che soffrono di DEP fanno estrema fatica a riconoscere le proprie emozioni e ad esprimerle.
Nonostante ciò alcune persone sviluppano buoni compensi (ad esempio chi iper-investe nello sport “per sfogarsi”), altre invece non riconoscendo di essere tesi scelgono la strada di strategie maladattive come sedentarietà, disordini alimentari o l’abuso di sostanze.
La cura adatta è un piano di psicoterapia. Inizialmente la persona va condotta a capire il motivo della sua sofferenza e i meccanismi che la portano a sentire il suo malessere. Successivamente viene esposta ad esperienze stressanti.
Gli ansiolitici non sono il trattamento di prima scelta e la somministrazione di antidepressivi va valutata con cura.
Esposizione graduale ed evitamento
L’esposizione è qualunque metodo che porta una persona ad affrontare lo stimolo dal quale si protegge o che evita.
È una terapia cognitivo-comportamentale usata nel trattamento di ansia, sindrome stress post-traumatico (PTSD), ipocondria, disturbi dell’alimentazione o dell’immagine corporea.
Il terapista stabilisce con il paziente il percorso per affrontare le situazioni temute aiutandolo a confrontarsi con le proprie paure in contesti più soft e meno ansiogeni.
Dolore cronico e modello paura-evitamento
La paura è l’emozione scatenata da una minaccia imminente o da una lesione. La percezione del dolore avviene attraverso il processo chiamato nocicezione.
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Alcuni ricercatori hanno studiato il mal di schiena lombare cronico applicando il modello interpretativo dell’evitamento utilizzato in psicoterapia: il fear-avoidance model.
Secondo questa visione chi soffre di persistente dolore alla schiena segue due percorsi:
- Quello della rapida rielaborazione dei pensieri negativi, della tolleranza al dolore e dell’impegno attivo (pro-attivo) nel processo di guarigione;
- Quello dell’iper-attenzione nei confronti dei sintomi (ipervigilanza), delle informazioni di allerta (es. postura scorretta) in un quadro fatalista e pessimista (catastrofismo).
Chi si trova in quest’ultima condizione ha paura del dolore e questo innesca comportamenti eccessivamente cauti (evitamento) che non fanno altro che aumentare la sensibilità e ridurre autonomia e qualità della vita.
La cura più efficace del dolore cronico è l’esposizione graduale a situazioni stressanti grazie alla collaborazione di fisioterapista e psicologo.
L’esposizione graduale usata in riabilitazione assume il significato di “esposizione al carico” ovvero la progressiva sollecitazione di ossa, muscoli, tendini, articolazioni e sistema nervoso all’allenamento sottoforma di esercizio fisico in termini generici, a corpo libero ma anche all’attività fisica ad alta intensità (es. sollevamento pesi, HIIT).
L’allenamento con i pesi ha infatti degli straordinari quanto inaspettati e dimostati effetti sia sul fisico che sulla psiche anche nel trattamento di grave forme di stress come la Sindrome da Stress Post-Traumatico.
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In sintesi
L’evitamento è una strategia per adattarsi o fuggire a/da situazioni stressanti o dolorose.
Ognuno di noi ha paura di affrontare le difficoltà o le malattia. Altri per sfuggire a questa paura evita di affrontare il proprio malessere favorendo il progressivo peggioramento.
L’evitamento non è solo un comportamento di chi soffre di disturbi d’ansia, fobie, depressione e disturbi di personalità.
Nel dolore cronico e nelle patologie che presentano dolori persistenti la strategia di evitamento aumenta la sensibilità al dolore, rallenta la guarigione, riduce l’autonomia e favorisce recidive.
Consiglio di cuore a chiunque desideri affrontare in modo efficace un percorso di cura la collaborazione con un team di professionisti preparati che lavorano in un’unica direzione: il benessere e il miglioramento della qualità della vita.
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Gent.le dott. Chiesa il suo articolo è molto interessante e tratta una situazione che sta vivendo mia figlia a causa di un’ernia del disco. Poichè siamo della provincia di Napoli le chiedo la cortesia di segnalarmi qualche suo collega della Campania che applichi il suo stesso approccio alla kinesiofobia
La ringrazio anticipatamente di quanto potrà comunicarmi
Buon giorno Annamaria, la ringrazio infinitamente per le sue parole. Ne conosco molti ma preferisco non segnalarglielo pubblicamente per non fare preferenze ed essere sgarbato. Mi contatti privatamente se possibile alla mail [email protected]