Effetto placebo e nocebo sono le due facce della stessa medaglia. Ogni cura agisce attraverso principi attivi ed effetti biologici. Tuttavia, gli effetti benefici e collaterali di una terapia vengono potenziati in determinate condizioni.
L’effetto placebo aumenta gli effetti benefici (leggi l’articolo interamente dedicato all’argomento). Ora scoprirai come l’effetto nocebo peggiora gli effetti collaterali e come comportarti di conseguenza.
All'interno del post ti parlerò di
Cosa significa effetto nocebo
È il peggioramento dei sintomi provocato da una cura, anche totalmente inefficace.
In Star Wars esiste la perenne contrapposizione tra il lato chiaro e il lato oscuro della forza.
L’effetto placebo e nocebo giocano lo stesso antagonismo tra le strategie per anticipare minacce e pericoli (effetto nocebo) e le strategie salutari e rassicuranti (effetto placebo).
Effetto nocebo e risposta nocebo
Si parla di effetto nocebo per indicare il peggioramento dei sintomi a causa dell’influenza di elementi esterni come l’ambiente, la cultura o le relazioni sociali.
La risposta nocebo è più legata all’azione di condizionamenti interni come stress, ansia e tratti della personalità.
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Cause dell’effetto nocebo
Le aspettative negative dell’effetto di una terapia sono ritenute le principali responsabili dell’effetto nocebo. Ma come si intercettano?
In uno studio venne somministrato un miorilassante a pazienti con il mal di testa. I pazienti vennero divisi in due gruppi: un gruppo venne avvisato che il mal di testa poteva peggiorare, l’altro gruppo non ricevette alcun avvertimento.
Nel gruppo di pazienti che erano stati avvertiti ci fu un numero rilevante di pazienti che manifestava un peggioramento del mal di testa nonostante il farmaco avrebbe dovuto ridurlo (inversione dell’effetto farmacologico).
Sospendere la terapia peggiora i sintomi
Mercado, Keitel e Mestre hanno osservato le reazioni di un gruppo di pazienti affetti da Morbo di Parkinson dopo la sospensione di una terapia chiamata Deep Brain Stimulation, utilizzata per migliorare il movimento limitato dalla malattia.
Ad alcuni venne detto che l’interruzione poteva peggiorare la bradicinesia (difficoltà a iniziare un movimento tipica del Morbo di Parkinson).
Ebbene, il peggioramento venne percepito in misura maggiore da chi era stato avvertito delle possibili conseguenze negative.
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Il prezzo aumenta gli effetti collaterali
La dott.ssa Luana Colloca della Maryland Univeristy (USA) somministrò a due gruppi di pazienti una crema per migliorare la sensazione di prurito. La crema poteva presentare un effetto collaterale: l’aumento della sensibilità al dolore nella zona in cui veniva applicata (iperalgesia).
La crema venne consegnata ad un gruppo in un contenitore con caratteristiche tipiche di una crema economica, mentre all’altro venne consegnata in un packaging di marca.
Chi applicò la crema del contenitore di marca riferì un maggiore aumento della sensibilità del dolore rispetto a chi aveva usato la crema del contenitore economico.
Le conclusioni dell’esperimento furono assai interessanti:
- il brand di un prodotto aumenta gli effetti collaterali della terapia;
- le aree cerebrali attivate sono quelle deputate alla pianificazione e alla presa di decisioni (corteccia pre-frontale), le stesse coinvolte dall’effetto placebo;
- le aspettative negative e il prezzo facilitano la nocicezione a tutti i livelli della modulazione del dolore: corteccia cingolata anteriore, sostanza grigia peri-acqueduttale, nucleo accumbens, midollo spinale.
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Effetto placebo e nocebo e fattori contestuali: il ruolo del priming sugli effetti terapeutici
Il primo amore e la prima delusione non si scordano mai! La malattia e la cura sono esperienze di vita: talvolta sorprendono, altre lasciano segni indelebili.
La prima impressione e la prima esperienza (effetto priming) sono cruciali nella formazione dei ricordi e diventano la base dei processi di apprendimento, maturazione e crescita.
Il risultato finale di una terapia, specie se eseguita per la prima volta (outcome) sarà profondamente influenzata dal contesto in cui si svolge la terapia.
In quel momento l’attenzione nei confronti dei dettagli negativi è massima e il coinvolgimento emotivo catalizza la reazione. Il risultato sarà il ricordo di un’esperienza.
Accade spesso che dopo una seduta di fisioterapia il dolore peggiori.
Il valore dato dal paziente a questo evento dipenderà da quanto appena illustrato.
Effetto placebo e nocebo verranno in ogni caso modulati da fattori legati al contesto in cui viene somministrata la terapia.
Odori, colori, luminosità e rumori presenti nello studio, spiegazioni intercorse prima, durante e dopo il trattamento, solidità della relazione tra terapeuta e paziente, estrazione culturale, personalità ed educazione ricevuta avranno il loro peso nel risultato finale nell
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Posture scorrette e abitudini sbagliate
Ad esempio un paziente che riceve una manipolazione vertebrale per risolvere un mal di collo può avere più o meno dolore dopo la manovra se questa viene effettuata di sorpresa oppure dopo una lunga spiegazione che accenna la possibilità di sentire capogiri.
Ricordo i racconti di alcuni miei pazienti che sospesero il trattamento con colleghi più esperti di me per una risposta scortese, lo studio poco pulito o addirittura per la sensazione che davano di non essere più appassionati al proprio lavoro come anni prima.
Implicazioni cliniche dell’effetto nocebo in riabilitazione
Molti pazienti abbandonano precocemente il trattamento per la sensazione che gli effetti negativi siano dovuti al trattamento stesso.
Non solo: i pazienti possono concludere che l’anche altre terapie non sperimentate possano manifestare lo stesso effetto.
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Di conseguenza qualcuno sceglie terapie inefficaci e inadeguate perché le vede come unica alternativa valida o la più semplice e meno faticosa (o dolorosa).
Molti clienti mi chiamano quando sono bloccati e amano essere manipolati, nonostante siano consapevoli che il beneficio sia temporaneo. Mi dicono: – Ho bisogno che mi massacri, non farmi fare esercizi però!- ?
I più volonterosi si prestano a seguire le mie indicazioni per aumentare flessibilità e forza, il rischio che corrono tutti gli altri è di convincersi che gli esercizi siano efficaci solo in mia presenza.
Accade frequentemente che la riabilitazione abbia meno efficacia o tempi prolungati solo per il fatto di non proseguire in autonomia per paura di sbagliare e di sentire dolore.
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Al contrario gli atleti tendono ad evitare ogni limitazione e lo spirito di competizione li porta a sottovalutare i sintomi.
Ripetute esperienze negative riducono l’effetto di una terapia
La ripetizione e le associazioni mentali sono le basi dell’apprendimento. Più volte uno stimolo e il suo effetto si manifestano contemporaneamente maggiore è la possibilità che si crei un legame tra i due (traccia mnestica).
Quando l’effetto è negativo questo accade più rapidamente e il ricordo è molto più vivido.
Un gruppo di persone partecipò ad un esperimento che dichiaratamente prevedeva lo studio del dolore. Ogni partecipante fu sottoposto alla somministrazione di ripetuti stimoli termici all’avambraccio, anticipati ogni volta dalla proiezione di una luce.
Nella prima fase dell’esperimento venne proiettata una luce rossa prima di uno stimolo termico molto intenso, gialla se mediamente intenso e verde quando di bassa intensità. Ognuno dei partecipanti doveva quantificare l’intensità del dolore percepito.
Nella seconda fase dell’esperimento la stimolazione termica rimase di intensità media, mentre la proiezione della luce che la precedeva cambiava.
I partecipanti continuarono a percepire comunque variazioni di intensità nelle stimolazioni termiche e, sorprendentemente, quelli esposti a un maggior numero di prove le percepiva in misura maggiore.
Effetto nocebo, dolori articolari e statine
Nel 2013 il British Medical Journal pubblicò un articolo che mostrava la frequenza in cui si manifestavano dolori muscolari come effetto collaterale in chi assumeva statine, farmaco usato per prevenire patologie cardiovascolari.
Lo studio ebbe molto eco sui media e risuona ancora oggi. Pare che l’effetto nocebo durante l’esperimento abbia avuto un ruolo rilevante.
La considerazione personale è che le statine aumentano il tasso di sopravvivenza dopo eventi cardio-vascolari.
Una successiva revisione del 2016 mostrò infatti come circa 2000 eventi cardiovascolari potessero essere evitati in Gran Bretagna se le persone allarmate dai risultati di questo studio non avessero sospeso il trattamento.
Si stima infatti che chi non assume statine abbia il 13% di probabilità in più di morire, avere un infarto o un ictus.
Effetto nocebo e tumori
Nei pazienti con diagnosi di tumore la sensazione di nausea sperimentata dopo la prima chemioterapia alimenta una sensazione di ansia anticipatoria che produce un’aspettativa negativa nei confronti della terapia.
Questo aspetto va tenuto particolarmente in considerazione per evitare che una persona rinunci alla terapia riducendo automaticamente aspettativa e qualità di vita.
Effetto nocebo e fibromialgia
Il team della dottoressa Mazzoni della Hull University (UK) ha studiato le reazioni di pazienti affetti da fibromialgia utilizzando l’uso di un braccio finto di gomma.
Durante l’esperimento i pazienti fibromialgici vedevano un braccio davanti a loro (ma il braccio reale era nascosto alla vista). Inizialmente veniva schiacciato il dito della mano reale e della mano di gomma (davanti ai propri occhi) per far credere che quello fosse l’arto vero.
Successivamente venivano applicate stimolazioni dolorose e perfino una crema analgesica (ma in realtà senza principi attivi).
I pazienti riportarono la percezione sia delle stimolazioni dolorose sia l’azione analgesica della crema sull’arto di gomma!!!
Effetto placebo e psicologia
Cambiare terapista, medico, psicologo, infermiere modifica il risultato della terapia.
Il setting terapeutico è da sempre considerato importante in ambito psicologico.
Negli ultimi anni è stata definita la giusta rilevanza della dimensione psicologica e cognitiva all’interno di ogni intervento terapeutico, non solo nella psicoterapia.
Ogni persona all’interno di un piano di cura è alla ricerca di conferme e rassicurazioni.
Gli effetti percepiti della terapia (effetto placebo e nocebo) seguono dinamiche di condizionamento molto simili a quelli riscontrati nell’esperimento di Pavlov.
Minime variazioni del contesto in cui avviene una terapia possono provocare consistenti variazioni degli effetti di una terapia.
L’esperimento di Pavlov: condizionamento operante e fattori contestuali
Pavlov presentò ripetutamente il suono di un campanello al suo cane prima di dargli una razione di cibo. Al termine dell’esperimento il solo suono del campanello aumentava una reazione di salivazione.
Quello che non tutti sanno è che comprese solo successivamente come il legame affettivo che lo legava al cane influisse su questo effetto: cercò di ripetere l’esperimento in presenza di un collega ottenendo effetti di salivazione inferiori.
L’ipotesi che annotò fu proprio la presenza di un estraneo.
La differenza tra essere umano e cane è ovvia…forse ?.
Diciamo che le dimensioni delle aree corticali deputate all’organizzazione del pensiero sono più grandi nell’essere umano. Nonostante ciò la presenza di un diverso operatore può provocare i medesimi effetti.
Nell’ambiente ospedaliero e in ogni realtà sanitaria sono aneddotiche tra medici, infermieri, fisioterapisti le criticità nel passaggio di consegne a fine turno, ferie, scioperi e altre esigenze organizzative di strutture sanitarie.
In ognuna di queste situazioni l’effetto nocebo ha il suo ruolo in potenziali complicazioni legali legate ad una inadeguata gestione delle comunicazioni tra professionisti e coi pazienti.
Implicazioni legali e cliniche dell’effetto nocebo: la mia esperienza personale
Non dimenticherò mai l’episodio che più mi ha segnato come fisioterapista: lavoravo in una nota clinica ortopedica e un venerdì supplivo una collega che aderiva ad uno sciopero (come libero professionista ero tenuto a non farlo).
Secondo le indicazioni avevo il compito di seguire una signora ricoverata dopo una caduta dalle scale in seguito alla quale riportò diverse fratture e contusioni una delle quali fu trattata con un’osteosintesi. Eseguii una blanda mobilizzazione del ginocchio per una decina di minuti.
Il lunedì successivo la paziente riferì alla collega un importante dolore da un paio di giorni. La sua ipotesi era che il mio trattamento potesse aver “lesionato qualche legamento”…fui messo sotto inchiesta.
Fortunatamente la risonanza magnetica escluse questa ipotesi (per altro irrealistica). Questo episodi creò un clima di sfiducia e mobbing all’interno dell’equipe tale che decisi di licenziarmi.
Dopo anni scoprii che la paziente in questione richiese approfondimenti medico legali che accertarono un’infezione dei mezzi di sintesi: alla struttura ospedaliera venne richiesto un risarcimento.
Morale: il dolore si era presentato in concomitanza di un’altra patologia, il timore della paziente di aver ricevuto un trattamento inadeguato (da un giovane fisioterapista forse inesperto) trovò conferme nel rimbalzarsi responsabilità e risposte non chiare (o non trovò smentite) all’interno di un’equipe riabilitativa disorganizzata caratterizzata da incapacità nella gestione della comunicazione.
Uso molto spesso questa esperienza per spiegare ai miei giovani colleghi quanto un dettaglio apparentemente trascurabile come la percezione dell’effetto di un trattamento possa portare a:
- diagnosi errate sulla scia dell’emotività del paziente o dello stesso operatore;
- ritardi di cure idonee;
- costose o pretestuose azioni legali.
Quali sono le aree cerebrali e i mediatori chimici attivati dal nocebo?
L’effetto nocebo attiva una rete di aree cerebrali interconnesse chiamata neuromatrice agendo sull’organismo attraverso l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e il sistema delle colecistochine, sistemi che modulano il dolore, la sensazione della fame e la trasmissione di impulsi nervosi.
Il cosiddetto asse dello stress e il sistema delle colecistochine sono legati, rispettivamente, alla trasmissione del dolore ed ai meccanismi di anticipazione creati dall’ansia.
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Effetto nocebo: esempi di frasi da evitare
Termini che denotano incertezza:
Proviamo questo trattamento e vediamo se funziona
Espressioni colorite:
Le faccio rientrare l’ernia
Le infilo questo ago in profondità: sentirà una forte scossa
Che brutta radiografia!
Ambiguità:
Con l’anestesia non sentirà più nulla.
Enfatizzare gli aspetti negativi:
Non potrà più correre.
Non deve sollevare oggetti pesanti: ha un’ernia!
Non dormire a pancia in giù!
Sei tutta storta!
Focalizzazione sul sintomo:
Alzi la mano quando sente male.
Se sente male facendo l’esercizio vuol dire che non va bene.
Negazione di un sintomo:
Non si preoccupi è normale.
Ognuna di queste frasi provoca:
- l’attivazione di uno stato d’ansia;
- la disattivazione degli oppioidi endogeni (che agiscono sulla sensazione del dolore)
- un’alterazione del sistema dopaminergico (funzioni del pensiero, decision making, memoria, performance, motivazione).
Effetto nocebo e personalità
Ogni persona è definita da peculiarità psicologiche, interessi e inclinazioni che la rendono unica.
Ognuna di queste risente dell’interazione tra il proprio patrimonio genetico e la cultura in cui è immersa, l’educazione che riceve o l’ambiente che la circonda durante la propria vita.
La maturazione della personalità è un processo in continua evoluzione.
Alcuni autori distinguono cinque aree:
- il grado di estroversione (la capacità di stabilire relazioni, la facilità nell’intrattenere conversazioni);
- il grado di positività (in termini di propositività, comprensione, generosità, affetto, attitudine alla leadership)
- la saggezza (capacità di discernimento e pianificazione, accuratezza, affidabilità, perseveranza)
- il grado di nevrosi (insicurezza, timidezza, ansia e preoccupazione)
- l’apertura mentale (originalità, fantasia, ricerca di nuove sensazioni, attitudine al cambiamento)
Si è riscontrato che persone ansiose, timorose, timide, pessimiste, poco ambiziose e incapaci di pianificare obiettivi hanno aspettative inferiori nei confronti dei risultati di una terapia e prevedono effetti negativi in misura maggiore.
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Pessimismo e ansia focalizzano l’attenzione sugli aspetti negativi
Un altro studio ha dimostrato come persone ansiose e pessimiste siano inclini a dare maggiore importanza a informazioni relative a possibili risvolti negativi di una diagnosi e di un trattamento.
In un recente e innovativo studio si è osservato come ansia e suggestionabilità provochino una maggiore risposta nocebo.
Un dato interessante è che l’estrema sensibilità provocata dall’ansia porti più facilmente a erronee interpretazioni del dolore e di altre sensazioni provenienti dal corpo.
La differente associazione di depressione, apertura mentale ed estroversione provoca divari fino al 50% della risposta nocebo in una medesima situazione.
Effetto nocebo e depressione
In letteratura esistono addirittura casi di morte e tentativi di suicidio successivi per la comunicazione di effetti infausti di una malattia e di una terapia in presenza di depressione.
Questi episodi hanno portato a dare maggiore rilevanza alle implicazioni etiche degli esperimenti per studiare l’effetto placebo.
Effetto nocebo e allergie
Alcuni studi stanno indagando la possibilità che sia l’effetto nocebo il responsabile della diffusione di sintomi come mal di testa, vertigini e affaticamento per l’esposizione alle frequenze di Wi-Fi di alcune comunità dove è diffusa la convinzione che essa sia il fattore scatenante.
In sintesi
Aspettative ed esperienze negative sono rilevanti nelle scelte relative alla cura e al benessere: sono apprese più velocemente e lasciano ricordi più vividi di quelle positive.
Ogni operatore è tenuto a POTENZIARE gli aspetti positivi e NON PROMUOVERE aspettative negative in particolare durante la spiegazione di una diagnosi e di un trattamento.
Le parole sono il colore che ogni persona utilizza per costruire l’immagine di ciò che le accade.
Ogni persona ha l’opportunità, durante una relazione terapeutica, di dare più importanza all’atteggiamento con cui sta affrontando il percorso di cura e alla sua pianificazione.
Personalità, emozioni e abitudini influiscono sul risultato finale. Per questo è necessario prenderli in considerazione il prima possibile.
Il professionista deve informare il paziente in modo esaustivo e ponderare in modo etico le proprie parole in modo da non sottolineare gli aspetti negativi o condizioni di eccezionalità.
Questo atteggiamento usato in modo conveniente come leva di marketing reca danni al paziente incalcolabili (diagnosi errata, cure inadeguate, effetti collaterali aumentati, sospensione precoce del trattamento, difficoltà ad instaurare relazioni di fiducia con altri operatori) e potenziali conseguenze medico-legali per lo stesso professionista.
Questo articolo vuole creare un sano terreno di dialogo tra i professionisti sanitari e i propri pazienti attorno ad pratica clinica fondata sull’evidenza scientifica e una relazione terapeutica trasparente.
Escludere metodi e approcci di dubbia o evidente mancanza di efficacia allontana l’eventualità di:
- diagnosi aspecifiche e poco chiare agli occhi del paziente (ed esempio periartrite);
- diagnosi specifiche per dolore cronico (es. lombalgia dovuta a protrusione discale/bulging discale o ernia in paziente di 65 anni)
- indicazioni chirurgiche precoci (ad es. stabilizzazioni vertebrali, protesi articolari, tendino-plastica, ricostruzioni tendino-muscolati senza interventi riabilitativi di provata e talvolta superiore efficacia);
- prescrizioni di medicina del lavoro inefficaci (es. cambi mansione, prescrizioni ergonomiche in assenza di efficaci interventi riabilitativi);
- esecuzione di terapie passive che puntano all’abolizione momentanea dei sintomi (es. tens, diatermia, ultrasuoni, laser magnetoterapia, ozonoterapia, antidolorifici);
- rieducazione posturale o ginnastica correttiva dando peso a basculamenti, disassamenti e rotazioni del bacino, gambe corte, posture scorrette, rettilineizzazioni del rachide, curve troppo accentuate considerandole causa di dolore.
Una persona malata in cerca di benessere ha il diritto ad essere informata in modo adeguato, rassicurata, comprendere le logiche di un trattamento.
Il risultato finale di una terapia dipenderà dal potenziamento degli effetti positivi e dalla riduzione degli aspetti negativi. Non basta semplicemente somministrare o ricevere una terapia per guarire.
Al lettore consegno uno spunto di riflessione: una volta indirizzata l’attenzione al raggiungimento di obiettivi ben pianificati può essere utile bilanciare gli effetti negativi attraverso l’utilizzo di terapie ad alto effetto placebo (molto contestate in ambito riabilitativo)?
L’occultamento autorizzato degli effetti collaterali può essere una strategia adottabile in ambito sanitario per ridurre gli effetti negativi?
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