La sensibilizzazione periferica è il risultato di una prolungata stimolazione dei nocicettori in una determinata zona del corpo.
Pressioni, punture e variazioni di temperatura, anche minime, risultano particolarmente fastidiose a causa dell’infiammazione che coinvolge i recettori del dolore e i tessuti circostanti.
È importante identificare la sensibilizzazione periferica e distinguerla da quella centrale per aiutare il terapista e il suo paziente a comprendere l’effetto di uno sforzo e le capacità di recupero e guarigione.
All'interno del post ti parlerò di
Sensibilizzazione periferica
Cosa è la sensibilizzazione periferica?
La sensibilizzazione periferica è l’aumento della sensibilità di una zona del corpo sottoposta ad uno stress meccanico, termico o chimico prolungato (sensibilizzazione dei nocicettori).
L’esposizione a questo stress provoca dolore accentuato anche per piccole compressioni, punture e variazioni di temperatura.
I tessuti sottoposti a sforzi e lesioni di ogni tipo vengono coinvolti da uno stato infiammatorio locale che coinvolge più sistemi in parallelo (ad esempio nervoso, ormonale e circolatorio).
Il meccanismo della sensibilizzazione periferica consente di percepire:
- i nostri limiti allo sforzo
- le nostre capacità di recupero e guarigione.
Da prezioso fenomeno neurofisiologico, la sensibilizzazione periferica diventa quindi parte di un’esperienza e della memoria del dolore di una persona. Ecco perché è così importante riconoscerla.
Quali sono i sintomi?
Per spiegare in modo concreto la sensibilizzazione periferica mutuerò l’aneddoto dell’amico e collega Paolo che dice di dover tagliare la siepe almeno due volte l’anno: non ha mai voglia; non è abituato a farlo e il giorno seguente ha sempre qualche dolore alla spalla o alla schiena.
Però, nel giro di qualche giorno non sente più nulla. Questi sono i sintomi tipici della sensibilizzazione periferica.
Ogni sforzo è per definizione un’attività a cui una persona non è abituata. Nel mio esempio ques’attività si identifica con il taglio della siepe, ma poteva essere un intenso work-out, un trasloco, una maratona o una sciata.
Il risentimento a livello muscolare o articolare non deve preoccupare: è la normale reazione a uno stress inconsueto che potenzia le nostre capacità di adattamento.
Inizialmente si parla di iperalgesia primaria o allodinia primaria: dopo ore trascorse a tagliare la siepe la spalla risulta indolenzita.
Successivamente l’area coinvolta da questa spiacevole sensazione si estende grazie all’attivazione di neuroni prima silenti (o refrattari) posti nel midollo spinale: si parla ora di iperalgesia secondaria. È il momento in cui il braccio di Paolo è tutto indolenzito.
Poco prima la stessa zona non faceva così male. È la sensibilizzazione periferica a farla percepire dolorosa.
Naturalmente lo stesso meccanismo si manifesta in presenza di danni concreti come fratture e tumori, ma gli effetti saranno eclatanti.
Cosa accade durante la sensibilizzazione periferica?
La sensibilizzazione periferica avviene attraverso un processo che procede dal basso verso l’alto (bottom-up): partendo dall’estremità del sistema nervoso, i nocicettori.
Come ho spiegato nell’articolo sulla sensibilizzazione centrale, questo processo avviene su più livelli in parallelo.
Nella fattispecie a livello dei nocicettori terminali l’eccitazione inizia con uno stimolo sufficientemente intenso che satura i canali di membrana e attiva potenziali d’azione che si dirigono verso il midollo e i centri superiori (nel caso di lesione nervosa si parlerà di scariche ectopiche).
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Successivamente si attivano delle reazioni infiammatorie a cascata, mediate da neurotrasmettitori specifici proporzionali all’intensità ed alla durata dello stimolo.
A livello tissutale e cellulare intervengono numerose cellule infiammatorie, presenti nel tessuto e provenienti dallo stravaso ematico.È il caso di mastociti, basofili, neutrofili, piastrine, macrofagi, cellule endoteliali, cheratinociti e fibroblasti.
Il principiale neurotrasmettitore ed eccitatore sinaptico diventa il glutammato. Esso agisce sensibilizzando i recettori di membrana AMPA e NMDA mediando direttamente la cascata infiammatoria (regolazione autocrina, dopo il rilascio di ioni CA++ mediati da TRPV1).
Dal punto di vista infiammatorio sono gli stessi neurotrasmettitori proinfiammatori che agiscono sulle caratteristiche della trasmissione (proprietà di permeabilità di membrana) modulando, in fasi differenti, lo stimolo nerovoso e l’azione di altri mediatori.
Al termine del processo, i nocicettori rimangono più sensibili alla stessa quantità di mediatori chimici prodotti da successive lesioni e stimoli esterni.
In caso di lesione del tessuto nervoso o nel caso di tumori si manifesteranno effetti infiammatori più accentuati che coinvolgono l’apparato microgliare, l’apoptosi delle cellule ed una alterata regolazione dei recettori. .
In questa immagine si riassumono le differenti cellule, i neurotrasmettori e ormoni coinvolti nella cascata infiammatoria e immunitaria con particolare attenzione alle differenze di attivazione tra donne e uomini.
A livello midollare (corno dorsale) troviamo la prima stazione di modulazione degli stimoli lungo quelle che una volta vennero chiamate vie del dolore.
A questo livello, neuroni prima silenti o refrattari si attivano, aumentando esponenzialmente fino a generare il potenziale d’azione necessario alla reazione di cui abbiamo parlato anche nella sensibilizzazione centrale.
Qui trovi la rapida spiegazione in inglese della collega Niamh Moloney.
Differenze
Che differenza c’è tra sensibilizzazione periferica e centrale?
Come avrai capito dalla spiegazione dell’iperalgesia, la sensibilizzazione periferica si manifesta con caratteristiche molto simili a quelle della sensibilizzazione centrale.
Essa è infatti la naturale evoluzione di un periodo di ipersensibilità prolungata. Si comprende come la sensibilizzazione periferica spesso coesista con la sensibilizzazione centrale. La differenza sostanziale è che la seconda avviene anche in assenza di stimolo, cosa che non avviene con la prima.
È importante identificare correttamente la sensibilizzazione periferica per gestire in modo efficace la riabilitazione o il recupero di qualsiasi sforzo e trauma.
È infatti fondamentale in entrambe i casi favorire un ricordo positivo di ogni fase di recupero.
Bisogna sostenere questo mindset in una fase transitoria come quella della sensibilizzazione periferica sia che si tratti di riabilitazione, sia di return to play per gli atleti che di precoce ritorno alle attività quotidiane per ogni altra persona.
In questo contesto ribadisco, però, che il concetto di sforzo è molto variabile e che sensibilizzazione centrale e periferica spesso coesistono e interagiscono. Per esempio, in campo riabilitativo è molto frequente provocare una reazione infiammatoria in persone con moderata artrosi al ginocchio già nelle prime fasi con blande attività.
Questo dolore conserva una forte componente infiammatoria di sensibilizzazione periferica, su una potenziale base di sensibilizzazione centrale, che va compresa ed esplorata caso per caso. Ad esempio esistono persone che rispondono meglio a trattamenti di blanda e continua attività fisica, mentre altre rispondono più efficacemente ad allenamenti intensi.
Può esserti utile conoscere il mio parere
o avere la mia supervisione?
Infiammazione o sensibilizzazione periferica?
Parlando di sensibilizzazione e processi infiammatori nei tessuti dobbiamo approfondire i seguenti aspetti:
1 – la pelle è innervata dai nocicettori peptidergici (che producono la sostanza P e CGRP) e non-peptidergici IB4 (isolectin B4). La stragrande maggioranza appartiene al primo gruppo.
2 – I nocicettori cutanei e muscolo-scheletrici hanno una soglia di attivazione relativamente alta. Questo consente di distinguerli dai non-nocicettivi (bassa soglia di stimolazione sensitiva). La maggior parte di quelli viscerali, invece, ha una soglia di eccitazione relativamente bassa.
3 – Durante l’infiammazione, i nocicettori muscolari e articolari sono fortemente sensibilizzati per stimoli meccanici, mentre i recettori cutanei lo sono più dal punto di vista termico. Specifico questo perché nascono spesso incomprensioni sia tra colleghi sia nel rapporto terapeutico con i pazienti quando si parla di infiammazione e dolore.
Tutto ciò spiega come tessuti diversi come la pelle, i muscoli, le articolazioni e gli organi interni manifestino in modalità differenti e per stimoli differenti lo stato di sensibilizzazione centrale. Spesso queste manifestazioni si presentano sovrapposte.
Tipicamente accade che il paziente localizzi più o meno precisamente il dolore in un determinato dermatomero, ma la sua origine non sia eclusivamente o puramente muscolare, articolare, nervosa o interna.
Per questo è importante essere scientificamente consapevoli di quali siano i meccanismi coinvolti nella percezione del dolore, in particolare quando si parla di sintomi persistenti, patologie e dolore cronico.
In sintesi
La sensibilizzazione periferica porta a percepire uno stimolo potenzialmente normale come doloroso o fastidioso in seguito all’esposizione a uno sforzo psico-fisico o un trauma.
Se tale situazione periste aumenterà la sensibilità dei recettori periferici, che continueranno ad attivarsi per stimoli sempre più leggeri (per esempio piccoli movimenti).
Come accade nella sensibilizzazione centrale, questi fenomeni si manifestano in modo più rapido e intenso dopo un intervento chirurgico o un trauma.
Per esempio, nella riabilitazione nei pazienti con una sutura della cuffia dei rotatori mi capita di proporre esercizi apparentemente banali e soft. La seduta successiva i pazienti mi riferiscono di aver avuto “troppo male” e di essersi spaventati tanto da “non fidarsi a proseguire gli esercizi”.
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Alcuni mi dicono chiaramente che il male era così intenso da non aver potuto nemmeno sfiorare la spalla (allodinia).
In casi simili è fondamentale chiarire anticipatamente e ribadire quanto stia accadendo durante il percorso di recupero al fine di mantenere intatta l’alleanza terapeutica, ma anche una forte stima nelle proprie capacità (self-efficacy).
Sebbene il nostro corpo abbia infinite capacità di adattamento, a volte i risultati si percepiscono a distanza di tempo e in modo inadeguato. Anche per questo ogni terapista è tenuto a sviluppare buoni doti motivazionali e ottime capacità relazionali.
Il caldo, il movimento e l’infiammazione agiscono direttamente sulle reazioni infiammatorie che avvengono nel sistema nervoso e nei tessuti. Uno stimolo trascurabile può scatenare una reazione di protezione apparentemente esagerata.
Questa è la dimostrazione che il sistema è sensibilizzato: sia il paziente sia il terapista devono “resettare la centralina di allarme”. ☺
Sì, hai capito bene: durante la sensibilizzazione centrale il sistema nervoso reagisce proprio come l’allarme di casa, scattando al minimo movimento. L’unica soluzione è resettare e ricalibrare i sensori.
Ricorda però: se l’allarme della tua auto scatta a ogni goccia di pioggia non vuol dire che te la stiano rubando davvero.
Riferimenti bibliografici
Riferimenti bibliografici:
Iperalgesia e allodinia: meccanismi periferici
Coutaux Joint Bone Spine, ottobre2005
Meccanismi Periferici di iperalgesia
Mizimura Nagoya, Journal Medicine Science 1997
Fattori neurotrofici: mediatori e modulatori del dolore
Pezet S, McMahon SB. 2006. The London Pain Consortium, King’s College London.
Meccanismi della modulazione del dolore nelle sindromi croniche
Bolay H, Moskowitz MA. 2002
Sensibilizzazione periferica e centrale nella fibromialgia: il ruolo nella patogenesi
Staud R, Smitherman ML. Current Pain and Headaches Report, 2002 Griensven HV, Strong J, Unruh AM.
Pain 2nd ed. Edinburgh. Churchill Livingston, Elsevier2014 Woof CJ. Pain Hypersensitivity. Pain. http://www.wellcome.ac.uk/en/pain/microsite/science4.html
Update on peripheral mechanism of pain: beyond prostaglandins and cytokines
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Come si resettano e ricalibrano i recettori in caso di sensibilizzazione centrale? Grazie
Non c’è un modo univoco o un trucco per ridurre uno stato di sensibilizzazione centrale . Ne parlo anche nel mio articolo Inoltre bisogna capire Se associato a questo stato esistono delle altre condizioni che alterano le reazioni dell’organismo. Sto parlando di patologie mediche oppure altre situazioni che cambiano o alterano la percezione.
Dal punto di vista cognitivo MSBR (mindfulness) , ACT (active commitment Therapy) e approccio cognitivo comportamentale sono le soluzioni che dal punto. Di vista scientifico si son mostrate più efficaci.
Alimentazione sana e regolare, buona qualità del sonno e regolare attività fisica (moderata o intensa a seconda del caso) sono delle ottime soluzioni dal punto di vista psico-fisico.
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